• 23 Novembre 2024 3:17

Uccidere, basta

DiEnrico Peyretti

Gen 25, 2015

Mosè, dopo aver dato al popolo, a nome di Dio, il comandamento di non uccidere, precisò che si trattava di non uccidere l’innocente e stabilì che alcuni comportamenti erano da punire con la morte.

Elia, grande profeta, prima di diventare capace di cogliere la presenza di Dio nel sussurro di una brezza leggera, nella voce di silenzio sottile, e non nel vento, nel terremoto e nel fuoco, vinta la sfida coi quattrocentocinquanta profeti di Baal, li sgozzò tutti al torrente Kison.

Roma, civiltà del diritto, condannava i ribelli ad essere inchiodati vivi ad una croce, fino a morire di tetano. Anche il più giusto dei figli dell’uomo fu ucciso così.

Il Corano dice ai fedeli di scacciare e uccidere, ma senza eccedere, chi li combatte, perché lo scandalo (oppressione, ingiustizia) è peggiore dell’uccidere.

L’Inquisizione cattolica difendeva dagli eretici la verità del vangelo dell’amore con la tortura crudele e la condanna al rogo.

La caccia alle streghe le bruciava per purificare il mondo dalle loro azioni malvage.

In nome della fraternité, insieme alla liberté e all’égalitè, la grande Rivoluzione Francese, decapitò sovrani, nobili, traditori, in grande quantità.

In nome della giustizia e dell’uguaglianza, contro lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, diverse rivoluzioni comuniste uccisero in grande quantità nemici di classe e traditori della causa proletaria.

In nome della purezza della razza ariana il nazismo sterminò milioni di ebrei e altri sotto-uomini, senza riuscire a completare l’opera.

Nella guerra contro il nazismo, le democrazie usarono due volte l’arma atomica e ne costruirono altre a migliaia, tenendo l’umanità intera sotto rischio di sterminio totale.

In nome della crescita del benessere e della ricchezza per tutti – perché la ricchezza di alcuni “gocciola” su tutti gli altri – il capitalismo speculatore ha creato una “economia che uccide”.

In nome della libertà, dell’indipendenza, dei propri interessi, della gloria nazionale, della liberazione dai tiranni e della diffusione della democrazia, molti popoli civili fabbricarono e usarono, fino a questi giorni, strumenti bellici assai costosi ma efficienti nell’uccidere milioni e milioni di soldati e più ancora civili innocenti di altri popoli.

In nome di Allah, feroci combattenti islamisti, decapitano in televisione prigionieri, giornalisti, ostaggi, peccatori.

E nonostante tutto ciò, non ci è permesso disperare dell’umanità, per non condannarla ed essere il peggio di se stessa, e abbiamo invece il bisogno e il dovere di coltivare tenacemente le civiltà, presenti in tutti i luoghi e tempi, della giustizia e della pace, che sono l’una condizione dell’altra.

e. p.

Di Enrico Peyretti

Enrico Peyretti (1935). Ha insegnato nei licei storia e filosofia. Membro del Centro Studi per la pace e la nonviolenza "Sereno Regis" di Torino, del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Università piemontesi, dell'IPRI (Italian Peace Research Institute). Fondatore de il foglio, mensile di “alcuni cristiani torinesi” (www.ilfoglio.info). Collabora a diverse riviste di cultura. Gli ultimi di vari libri (di spiritualità, riflessione politica, storia della pace) sono: Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede, nonviolenza, (Claudiana, 2011); Il bene della pace. La via della nonviolenza (Cittadella, 2012). (peacelink.it/peyretti)

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