Il più vecchio, Silvano Balboni, ha 19 anni, Giangi Devoto ne ha uno di meno, Claudio Savonuzzi ha solo 15 anni. Il testo apre loro un orizzonte di speranza, al di là della guerra nella quale – sta scritto – culmina la crisi della civiltà moderna. Contro il regime fascista sono già impegnati e pensano ai compiti del dopo guerra, quando nazisti e fascisti, ora trionfanti, saranno battuti. L’unità europea è la risposta per non ricadere nell’ignominia.
Ci siamo ricaduti. Lo attesta Amnesty in un documentato rapporto: “Libia: un oscuro intreccio di collusione”. L’essenziale lo sappiamo già: Centinaia di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in Libia sono in balia delle autorità locali, delle milizie, dei gruppi armati e dei trafficanti spesso in combutta per ottenere vantaggi economici. Decine di migliaia di persone sono imprigionate a tempo indeterminato in centri di detenzione sovraffollati e sottoposte a violenze ed abusi sistematici… I governi europei non solo sono pienamente a conoscenza di questi abusi, ma sostengono attivamente le autorità libiche nell’impedire le partenze e trattenere le persone in Libia. Dunque, sono complici di tali crimini
vedi qui il report di Amnesty International
Io sono federalista. Solo gli Stati Uniti d’Europa possono darci la speranza di affrontare in modo non suicida, come propone Trump, le sfide attuali, rappresentate dall’onda di profughi, dalla crescente diseguaglianza, da cambiamenti climatici, che hanno effetti drammatici sulla vivibilità nel pianeta. Alex Langer aveva avvertito (poco prima di porre termine alla sua insostituibile vita) “L’Europa nasce o muore a Sarajevo”.
L’Europa non è nata a Sarajevo. Non è nato lo Stato federale prefigurato dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti dell’Unione Europea. L’Unione Europea, pur con i suoi limiti, a razzismi, discriminazioni, genocidi ha contrapposto dignità della persona, uguaglianza, solidarietà, diritti fondamentali di tutti. Ha agito non per dividere e per escludere, ma per unificare ed includere. Ora non più. Forse a Sarajevo l’Europa non è morta, ma certo è entrata in una lunga agonia. Guido Viale parla di “Rifondare l’Europa insieme a profughi e migranti”. Vale la pena di pensarci, come dice nella introduzione don Virginio Colmegna.
“È urgente rifondare un’Europa che sia capace non di alzare muri e steccati, ma di comprendere che i cambiamenti sollecitano un modo diverso di superare i confini, per aprirsi ad una cittadinanza inclusiva, per ricreare nuove basi per la cooperazione internazionale”. È un passaggio indispensabile se si vuole, come si deve, rilanciare la prospettiva degli Stati Uniti d’Europa.
Intanto, per non allontanarla o impedirla, tutti gli Stati europei e gli organi dell’UE dovrebbero rispettare e attuare, non violare, il vigente Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Amnesty non ci avrebbe indicato come complici di crimini contro l’umanità. Il testo del Trattato è facilmente reperibile ad es. http://www.isaonline.it/mag/UE-Funzionamento.html
Di seguito una piccola sintesi del Titolo V, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, capo 1, Disposizioni generali, art. 67.
“1. L’Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. 2. Essa garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppa una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi. Ai fini del presente titolo gli apolidi sono equiparati ai cittadini dei paesi terzi. 3. L’Unione si adopera per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di lotta contro la criminalità, il razzismo e la xenofobia, attraverso misure di coordinamento e cooperazione tra forze di polizia e autorità giudiziarie e altre autorità competenti, nonché tramite il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se necessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali…”.
Nel capo 2, Politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione, art. 77, per l’omogeneità nella gestione delle frontiere con “l’assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità, all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne”, “controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell’attraversamento delle frontiere esterne”, “un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne”. Parlamento e Consiglio debbono dare attuazione con una politica comune a partire dai visti e altri titoli di soggiorno.
L’art. 78 riguarda l’accoglienza delle persone: “L’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento”. Parlamento e Consiglio ne danno attuazione con uno status uniforme in materia di asilo, protezione sussidiaria, temporanea (in caso di afflussi massicci), condizioni di accoglienza… C’è una previsione che sembra riguardarci direttamente “Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati”.
L’art. 79 prevede “una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani”. Anche in questo caso Consiglio e Parlamento dovrebbero deliberare in modo conforme. La condivisione degli oneri, non solo finanziari, da parte dei paesi membri è stabilita all’art.80, palesemente disatteso, anche se pure gli altri non sono attuati. “Le politiche dell’Unione di cui al presente capo e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell’Unione adottati in virtù del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell’applicazione di tale principio”.
Rileggo la conclusione degli autori del Manifesto confinati a Ventotene. Mi pare tenga ancora. “Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà” (Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni).