Tantissime le celebrazioni, i dibattiti, gli incontri, gli spettacoli che meriterebbero una segnalazione. Forse meno clamore ha fatto il 20 novembre 2019, trentesimo anniversario della Convenzione di New York sui diritti dei bambini e degli adolescenti, suppongo perché molta più evidenza sui media hanno la violenza e l’ingiustizia contro le donne, e perché noi – in quanto adulte – abbiamo strumenti per far sentire la nostra voce che i bambini non hanno.
Impossibilitata ad essere esaustiva, mi limito a ricordare quattro eventi equamente distribuiti tra donne e bambini, incluse tre mostre che mi dispiace non avere (ancora) visto.
La prima è “Com’eri vestita?”, realizzata dal Centro Antiviolenza Cerchi d’Acqua di Milano e presentata per la prima volta nel marzo 2018. Il 24 novembre scorso è stata allestita proprio a Milano nella galleria di True Company, in Via Poma 50. La presento con le parole di Elvira Zaccagnino nella newsletter della casa editrice la meridiana.
«In mostra gli abiti indossati dalle donne nel momento in cui sono state stuprate o ammazzate: tute, camicioni, felpe, divise da lavoro. Visitare la mostra è un viaggio nella morte per mano di qualcuno, che in una tua giornata qualunque decide di te perché accecato di sé. Ognuno degli abiti esposti rende muta la domanda sul perché sia accaduto e accada ancora. Com’eri vestita? Che cosa hai fatto? Cosa hai detto? Sei certa che? Perché eri lì? Perché lo hai lasciato? Perché non sei rimasta con lui? Perché non lo hai denunciato prima? Ognuna di queste domande dice con chiarezza l’idea, dura a morire, che un po’ di colpa appartenga alla vittima in quanto donna. Non si è depotenziata con gli anni l’idea che l’amare non è questione di proprietà».
Dobbiamo chiederci, scrive Elvira, se «dentro di noi (l’amore) è una corda che stringe o una rete che tiene. (…) Quale idea di amore nutriamo socialmente ci rende colpevoli tutti di fronte a una donna ammazzata. E ricordarci che uccidere non è un gesto d’amore, nemmeno di troppo amore, ma sempre un reato ci aiuterebbe a fare le domanda giuste. E Com’eri vestita? è una domanda sbagliata».
La seconda è “L’invisibilità non è un super potere”, allestita sempre a Milano, dal 21 novembre all’8 dicembre, a Fondazione Pangea. Su iniziativa di Maria Grazia Vantadori, chirurga del Pronto Soccorso dell’Ospedale San Carlo, la mostra propone in totale anonimato le radiografie di donne che hanno avuto bisogno di cure dopo aver subito violenza. Lo scopo è rompere il silenzio che circonda la violenza quando avviene – e quasi sempre avviene – dentro le mura domestiche. Mi colpisce che abbiano scelto di farlo in un modo così asettico e al contempo intimo, nessuno di noi immagina le proprie radiografie come qualcosa da mostrare in pubblico. Niente come una radiografia nella severità del suo bianco e nero è privo di fronzoli: nessuna enfasi, nessuna possibilità di fantasticare. Neppure la sfumatura di un livido, nero giallo viola. Si mostra ciò che non si vede e tuttavia non può essere messo in dubbio. L’osso fratturato, il polso scomposto ci riportano all’oggettività di quanto è accaduto. Oltre ogni spiegazione sulle cause o promessa sul futuro, oltre ogni giustificazione resta la testimonianza di una frattura, sono le ossa a parlare.
“Children” è una mostra fotografica allestita in Sala Borsa a Bologna dal 20 novembre al 6 gennaio. Muovendosi nel tempo e nelle latitudini, fotografi di fama internazionale raccontano il gioco, il divertimento, lo studio, la salute dei bambini, ma anche i diritti negati, la povertà, lo sfruttamento, la guerra. La mostra è promossa da Legacoop Bologna e da Legacoopsociali, e curata da Monica Fantini e Fabio Lazzari con fotografie a cura di Biba Giacchetti, e presenta, per la prima volta insieme, gli scatti di Elliott Erwitt, Steve McCurry e Dario Mitidieri: tre grandi autori profondamente diversi dal punto di vista espressivo, ma accomunati dalla volontà di testimoniare in prima persona la partecipazione emotiva alle vicende dei bambini che hanno incontrato negli angoli più remoti del mondo, dove il diritto primario all’esistenza e quelli irrinunciabili all’uguaglianza, alla giustizia, alla libertà e alla pace, vengono calpestati.
Tema prevalente di tutti gli autori è quello del gioco, spesso senza il sorriso e la spensieratezza che dovrebbero accompagnare questa attività fondamentale per la crescita e lo sviluppo delle bambine e dei bambini. E al gioco si richiama anche la scenografia di Peter Bottazzi, che colloca le immagini su strutture che rimandano alle giostre, ai blocchi di legno per le costruzioni e a un abaco, simboli del diritto al divertimento, alla fantasia e all’istruzione.
L’ultima citazione va a “Uscire dal guscio. Festival di letteratura per l’infanzia e l’adolescenza” curato da tre anni dall’Associazione Genitori Rilassati di San Pietro in Casale (Bologna) con il sostegno della Regione Emilia-Romagna, il patrocinio della Città Metropolitana di Bologna e il sostegno dell’Unione dei Comuni Reno-Galliera. Il Festival si compone di un ricco programma di laboratori, spettacoli, incontri e mostre per bambini e ragazzi, o per i loro genitori, o i cittadini in genere, che si snoda da aprile a dicembre 2019 e dedica ogni anno una particolare attenzione al tema della violenza di genere intorno al 25 novembre. Ma l’intero festival nasce come iniziativa di educazione e di prevenzione. Le tematiche centrali sono proprio le pari opportunità, il rispetto delle differenze, il contrasto agli stereotipi di genere come prevenzione alla violenza sulle donne e a qualsiasi forma di discriminazione – anche tra pari – nel rispetto dei principi dettati dalle Carte dei Diritti nazionali ed internazionali.