Inizia così sulla rivista Il Mulino un articolo dedicato. Si supera il sistema delle mutue, legato al posto di lavoro, con limitazioni e differenze nell’assistenza garantita, oltretutto dispendioso per lo Stato. Trovo scritto: le mutue erano costose, obsolete, ingiuste.
Da piccolo non me ne accorgo. La mutua è di famiglia. Mio padre ci lavora, con grande impegno. È l’Inam, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie. Mio padre è lì, da quando l’Istituto nasce, in tempo di guerra, come Ente mutualità fascista – Istituto per l’assistenza di malattia ai lavoratori (nel dopoguerra cambia nome), fino allo scioglimento, per l’avvento del Servizio sanitario nazionale. Si conclude nel ’78 anche la vita di mio padre, non solo quella lavorativa. Ricordo gli uffici dell’Inam, prima in un decoroso edificio del centro storico di Ferrara, poi nella sede grande, appositamente costruita, vicino allo stadio. La casa in cui abito da ragazzo è edificata da una cooperativa di dipendenti dell’Inam. Le famiglie dei vicini sono tutte di colleghi di mio padre.
Appare di buon auspicio essere ministra competente nel ’78 Tina Anselmi, la prima ministra donna nella storia della Repubblica. Si è curata della salute dei cittadini e della democrazia. A lei possiamo essere grati infatti per la conduzione della Commissione parlamentare sulla P2, dall’81 all’83. Come spesso avviene, per i lavori fatti bene, non vi è stato un seguito adeguato. L’Anselmi nel gennaio dell’86 in Parlamento ribadisce: la vicenda della Loggia massonica P2 è stata per lungo tempo al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica… successivamente alla relazione, nessuno dei temi politici che in essa venivano enucleati e analizzati è stato oggetto di ulteriore riflessione e dibattito.
Anche nella sanità molte speranze riposte nella riforma sono andate deluse. L’avvio è promettente.
La riforma affida allo Stato indirizzo e coordinamento, alle Regioni la programmazione sul territorio, da attuarsi dai Comuni, nella nostra realtà già operanti attraverso Consorzi sociosanitari. Nella denominazione i Consorzi indicano il necessario rapporto tra sanità e sociale. A Ferrara, dove vivo e lavoro, notevole è l’impegno della Provincia in questa fase precedente la riforma, anche grazie a un’assessora che vi si dedica con competenza e passione. Ne affianco l’opera come responsabile amministrativo del settore.
Il Piano sanitario nazionale è lo strumento operativo del Servizio. In sua assenza l’attività delle Usl è in gran parte scoordinata, senza una chiara responsabilizzazione per la spesa. Si giunge così nel ’92 alla riforma della riforma, per non dire a una controriforma, nella quale la razionalizzazione si traduce in aziendalizzazione, affidata a manager. Il primo piano sanitario nazionale è così approvato solo nel 1994. Seguono altre “riforme” con il dichiarato intento di garantire la tutela della salute e contenere la spesa sanitaria. È il secondo aspetto a prevalere.
Nel 2001 il Ministero della Sanità assume il nome di Ministero della Salute. Questo è conforme al dettato costituzionale: Art. 32 primo comma “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Il Servizio sanitario nazionale ha disposto la copertura sanitaria universale, a prescindere dall’occupazione, e riconosciuto, oltre la stretta assistenza sanitaria, prevenzione, riabilitazione, promozione della salute. L’obiettivo, secondo l’OMS, è “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”.
Il nostro sistema sanitario è stato sottoposto alla prova del Covid. Non se l’è cavata male, considerato che la regionalizzazione ha prodotto una grande varietà nei servizi, spinta anche da interessi finanziari, con un generale impoverimento della medicina del territorio. Pure da considerare è la diffidenza di parte della popolazione, che ha investito anche questo essenziale servizio e la sua offerta. Secondo il Censis, per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni di persone) il Covid semplicemente non esiste. Per il 10,9% il vaccino è inutile e inefficace. Per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie.
Merita riflessione il fatto che in Italia con il 7% del prodotto interno lordo per la Sanità abbiamo un’assistenza più completa che negli Stati Uniti, con il 12 %. Va finanziata più e meglio, sia dallo Stato che dalle Regioni. Non è quello che ci si appresta a fare. Non mi soffermo su questi aspetti. Un accenno ne faccio qui.
Mi sento di condividere la conclusione della rivista, che ricalca una citazione di Churchill: il Servizio sanitario nazionale – aggiungo europeo – è il peggior sistema di governo della salute esistente, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate finora.
Grazie Daniele di questo articolo, scritto col cuore.
Sommessamente aggiungo qualche risultato conseguito da questo Sistema Sanitario: la cd. speranza di vita in Italia è fra le più alte in Europa (seconda solo alla Spagna), la mortalità infantile è decisamente inferiore p.es. a quella degli USA, i ricoveri “evitabili” per diabete, insufficienza cardiaca e broncopatia cronica sono fra i più bassi in Europa, i tassi vaccinali per difterite, pertosse, tetano, epatite e influenza sono superiori alla media europea. I rischi da affrontare sono in buona parte nelle nostre mani: obesità infantile, poca attività fisica e … numero di medici che fra poco andranno in pensione.