Forse anche perché Mao Valpiana, suo buon amico, ha presentato martedì 26 febbraio a Ferrara il libro che ha curato “Alexander Langer. Una buona politica per riparare il mondo”. Uno scritto sul Ponte è il mio primo contatto con Langer. È il 1967. Mi piace pensare che questa collaborazione con Enriquez Agnoletti abbia ispirato il mensile Die Brücke (“Il ponte”), da lui promosso lo stesso anno.
L’articolo mi dice del Sud Tirolo, che frequento e amo fin dal tempo di guerra, molto di più di quanto avessi mai capito fino ad allora. Eppure mi sono sforzato. Il 1961, prima di essere l’anno della marcia Perugia Assisi, è per me quello della notte dei fuochi, degli attentati dinamitardi, della frattura profonda tra italiani e tedeschi, che già vivono in un apartheid, che sembra naturale: diverse le lingue, diverse le scuole, diverse le chiese, diversi i lavori, diversa la cucina…
Lo scritto di quel sapiente, più giovane di me, mi colpisce. Chiedo di lui a Pietro Pinna. Ricorda un contatto preso, forse a proposito dell’obiezione. Anche Alberto l’Abate mi dice qualcosa di una frequentazione, mi pare, all’Isolotto. Avrei potuto incontrarlo in quegli anni, che mi portano anche a Firenze e dintorni, nell’impegno per una legge che riconosca l’obiezione di coscienza, a fugaci contatti con Balducci e la Pira. Non con don Lorenzo Milani. Una nostra piccola manifestazione, per il riconoscimento dell’obiezione, provoca però la stizzita reazione dei cappellani militari e la splendida lettera “L’obbedienza non è più una virtù”. Queste persone sono per Alex particolarmente importanti nella permanenza fiorentina, dal ’64 al ’67. Qualche volta si rammaricherà di non aver accolto l’invito di Lorenzo Milani di lasciare gli studi per fare il maestro. Maestro lo è stato e lo è per molti. Non il saggio, che ti indica come meglio adattarti alla realtà, ma il profeta che ne intravvede una diversa, altra e migliore, e ti aiuta a cercarla.
In tutti gli anni ’70 ho più occasioni di apprezzare il ruolo particolare di Langer. Una conferma del suo valore mi viene dal giudizio di mia zia, che abita in Sud Tirolo/ Alto Adige a San Michele Appiano. L’adesione di mia zia a un partito è lontana: Partito d’Azione. Per due soli esponenti bolzanini mi dice la sua considerazione: Lidia Menapace e Alex Langer. L’obiezione di questi al censimento etnico dell’81 mi pare molto importante. Gli costerà allora e poi. Anche per questo continuo a seguire il percorso e a rintracciare i suoi contributi negli anni ’80.
È bello ritrovarci assieme nell’autunno del ’91 a Brescia, elezioni amministrative, per sostenere la candidatura di un amico, attivo nel Movimento Internazionale della Riconciliazione e nel Movimento nonviolento. All’incontro elettorale io dico cose irrilevanti, che considero divertenti, per invitare al voto. Alex collega le vicende di Brescia a un quadro più complesso, dilatato all’Europa e non solo. Da poco si è conclusa una manifestazione a Sarajevo, una catena umana dalla Chiesa cattolica a quella ortodossa, alla moschea ed alla sinagoga. Passo la giornata con lui. Mi dice molto dell’Albania, che ha visitato per conto del parlamento europeo, e dei contatti presi. Più ancora sulla situazione dei Balcani, da Belgrado a Pristina. Me ne ricorderò anni dopo. Mi dice come lo imbarazzino i privilegi di parlamentare europeo. Eletto deputato al Parlamento europeo nel 1989 nella circoscrizione Nord-Est, diventa primo presidente del neo-costituito Gruppo Verde. Cerca di far fruttare creativamente i forti privilegi economici legati al mandato e, nel pieno di “tangentopoli”, decide di rendere periodicamente pubblici i rendiconti delle sue entrate e uscite, trattenendo per sé solo l’equivalente del suo stipendio d’insegnante. I contributi che so far avere, sia a Verona che Brescia per le Case della Pace e della nonviolenza, là realizzate, forse attenuano questa sensazione. Apprendo cose sul suo ritmo di lavoro, che non ha soste. Io gli dico dei nostri mancati incontri, di Sarajevo nel ’68, di amicizie e passioni comuni.
Ci lasciamo con l’idea di mantenere il contatto. Non ci sarà più. Per me una conseguenza però c’è. L’incontro con Langer ha influito nell’accettazione della candidatura, come indipendente, nelle liste dei verdi nelle elezioni del ’92. Si tengono in aprile, che si conferma “il mese più crudele”.
Il suo commiato, prima di togliersi la vita a 49 anni, è straziante, anche se si conclude con l’esortazione nei nostri confronti: I pesi mi sono diventati davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti, anche per questa mia dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. Non rimane da parte mia alcuna amarezza nei confronti di coloro che hanno aggravato i miei problemi. “Venite a me voi che siete stanchi ed oberati”. Anche nell’accettare questo invito mi manca la forza. Così me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto. Avrebbe potuto dire, lo diciamo noi per lui, Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede, come Paolo scrive al prediletto Timoteo.