I responsabili della sicurezza dei pozzi petroliferi danno il carburante agli scafisti, ai quali consegnano migranti dopo i lavori forzati nel pozzi. Almeno un comandante della Guardia costiera copre questi traffici, sparando, se occorre, alle navi delle Ong. I migranti, soccorsi e recuperati dalla guardia costiera, tornano in centri di detenzione per essere rivenduti ad altri scafisti. Così risulta da un primo dossier (299 pagine) dell’Onu, che rivela nomi e incarichi del business. Andrà meglio la collaborazione con il generale Haftar, che comanda Tobruk e dintorni, mentre Serraj governa da Tripoli? Pare che il nostro governo ci conti. Ha ripreso, forse principalmente per questo, le relazioni diplomatiche con l’Egitto, sostenitore di Haftar, dopo una sospensione per l’efferato assassinio del giovane Regeni.
Ci sono di quelli, invece, che fanno con coerenza e sacrificio le cose per le quali sono pubblicamente impegnati. Questa assenza di doppiezza e di duttilità li rende sospetti. È il caso delle Ong, che si sono adoperate, in collaborazione con la Guardia costiera italiana, nel salvare vite in mare. Li si spinge in ogni modo a desistere dalla loro azione e i risultati non mancano. Così il ministro dell’interno/esterno può dire che non siamo fuori dal tunnel, ma si comincia a vedere la luce. La responsabilità di politiche adeguate alla situazione, che più direttamente ci riguarda, è certo principalmente dell’Unione Europea. Si preoccupa della libertà di circolazione di merci e capitali, non del diritto delle persone a fare altrettanto. In assenza di interventi a livello almeno europeo gli Stati si rinchiudono nel loro “sacro egoismo”. L’Italia è, in fondo, l’ultima a farlo. Certo potrebbe richiedere alla Libia di sottoscrivere almeno, un primo passo per osservarla poi, la Convenzione di Ginevra sui diritti dei rifugiati del 1951. Potrebbe l’Italia dotarsi, in attesa di un risveglio europeo, di una legge migliore sull’immigrazione. Ma chi tocca il tema muore! Si è persino fermata una legge sacrosanta, che solo riconosce come cittadini italiani chi, nei fatti, lo è già. Non c’entra niente con il tema dei rifugiati, ma si tratta pur sempre di immigrati…
I paesi europei, e anche il nostro, invece di fare come alcuni nostri pompieri o le milizie libiche sopra ricordate, potrebbero con coerenza e lungimiranza sostenere almeno chi esercita, uso parole di Capitini, “l’apertura ad una moltitudine di esseri semplicemente viventi, a cui allungare la vita e assicurare che godano invece di soffrire: è ad una moltitudine in una profonda unità crescente…”. È quello che fanno i volontari della Difesa civile siriana, che soccorrono le vittime di bombardamenti e scontri armati. Un’associazione strettamente neutrale, che interviene nei confronti di chi ha bisogno. In sette sono stati da poco sterminati nel centro in cui operavano nel nord ovest della Siria. Tra loro era anche il soccorritore di una bimba di pochi mesi estratta viva dalle macerie nell’ottobre scorso. Quell’immagine ha molto girato e molto commosso. Dico però che c’è speranza perché leggo che l’associazione conta su tre mila volontari. L’Unione europea non riesce a dar vita ai Corpi civili di pace, così necessari e così fortemente voluti da Alex Langer. Un loro annuncio e avamposto è però in azione: la Difesa civile siriana.