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Untori

DiRoberto Rossi

Feb 2, 2020

L’ambasciata cinese in Danimarca ha chiesto formali scuse (non prevenute) perché ritiene che l’opera sia offensiva per il popolo cinese. Il governo danese, centrodestra, si è schierato con il giornale.

Il quotidiano non è nuovo a questo genere satirico, qualche anno fa le vignette colpivano la fede mussulmana, coi rischi che ciò comportava. Sullo sfondo, il tema della libertà d’espressione. Da una parte il principio occidentale della libertà di satira, dall’altra la risposta di culture non inclini al rispetto di tale diritto: il fondamentalismo islamico ieri, oggi la Cina, regime dittatoriale che tramite le sue propaggini diplomatiche pretende che la libera stampa rinneghi (in territorio europeo di certo non può esercitare censura) il suo messaggio e porga le sue scuse al popolo cinese, il primo ad essere colpito dall’epidemia.

Di certo non possiamo accettare questa pretesa e rinviarla al mittente è il minimo. D’altra parte, in virtù del lascito illuminista che giustamente esige il rispetto della libertà di parola, ovvero l’esercizio critico della ragione nella disamina degli eventi, non si può non registrare, nell’atteggiamento del quotidiano danese, una contraddizione a dir poco stridente, foriera di un clima politico di inaudita violenza, un umore putrido che esala dagli strati più retrogradi della cultura del vecchio continente.

Il messaggio di questa vignetta è palese, quanto violento e disumanizzante. Porta in sé i germi del nazismo (è sommario) e quelli della cultura “magico-religiosa” pre illuminista: Cinesi=Untori. L’offesa c’è, eccome. Il messaggio offende le persone che stanno morendo in Cina, offende i valori logico-razionali della civiltà occidentale, e fa tutto questo abusando del diritto più importante che quei valori hanno generato, la libertà di espressione. La censura certo non è la risposta, ma l’indignazione e lo sconcerto per queste forme pseudo-satiriche (la satira colpisce il potere, questa satira lo sostiene), untrici del virus dell’intolleranza e della violenza, devono trovare un luogo di espressione, anche politico.

Di Roberto Rossi

L'interesse per il rapporto tra mafia e informazione e per il tema della censura violenta – sviluppato attraverso i linguaggi della saggistica, del teatro e del giornalismo – gli ha fatto ultimamente incontrare gli amici della nonviolenza, per i quali ha curato la rubrica Mafie e Antimafie su “Azione Nonviolenta”. Ha pubblicato con “Problemi dell'informazione” (Il Mulino), ha partecipato alla fondazione di Ossigeno per l'informazione, l'osservatorio sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza, ha scritto il libro “Avamposto” (Marsilio), sulle storie dei giornalisti minacciati dalla mafia in Calabria. Si interessa di teologia.

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