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Viva Kandiaronk

DiDaniele Lugli

Feb 7, 2022

Ho venti anni più di lui. Leggo l’annuncio della prossima uscita di L’alba di tutto. Una nuova storia dell’umanità. Il libro, scritto in collaborazione con David Wengrow, è disponibile dal 1° febbraio in Italia e la sua lettura non delude. L’attendo dall’articolo del 2018 a firma dei due David, Come cambiare la storia dell’umanità, letto sempre su Internazionale. Per cambiare la storia gli autori riscrivono molto del nostro passato, speranza e impegno anche a cambiamenti nel presente. È quanto in vario modo Graeber fa, nei suoi scritti e nella sua attività, per non limitarsi a “giustificare e riprodurre questo casino che ci ritroviamo tra le mani”. “Mi interessa l’antropologia perché mi interessano le possibilità umane” dice e, con l’archeologo, Wengrow, ripercorre in lungo e in largo la storia dell’umanità.

Questa appare molto più varia e ricca di sistemi sociali differenti e alternativi di quanto non sia nelle narrazioni consuete, che delineano un percorso tutto sommato lineare. C’è chi è rimasto semplicemente indietro e nulla ci ha mai insegnato e può insegnarci: gruppi di cacciatori- raccoglitori, invenzione dell’agricoltura, della città, dello Stato e dopo TINA: There is no alternative. Non c’è, non c’è mai stata alternativa. Non è così per Graeber, la migliore persona al mondo, secondo la moglie Nika Dubrovsky. Attivista instancabile, ci ricorda “Noi siamo il 99%”, e ispira, tra l’altro, Occupy Wall Street. La storia del passato va guardata con occhi nuovi prendendo l’esempio da critici indigeni come Kondiaronk, statista urone-wendat.

Il suo sguardo è dunque decisivo nella lettura che i due David fanno della storia. Lo sottolinea in un’intervista di presentazione del libro Wengrow, archeologo, esperto dell’origine della scrittura, dell’arte antica, delle società neolitiche e dell’emergere dei primi stati.

In particolare, riporti alla luce la figura di Kandiaronk, filosofo amerindo e leader politico. Perché è così importante? “È molto importante. È letteralmente un fulcro. Nell’ultimo decennio del XVII secolo, quando tutte le nazioni europee combattevano l’una contro l’altra per i propri interessi coloniali, si svolsero trattative politiche particolarmente complesse tra le società indigene del Nord America: Irochesi, Algonchini… Kandiaronk è stato una figura centrale nel tentativo di alleviare queste divisioni. Fu uno dei firmatari del Trattato di pace di Montreal nel 1701. Fu un guerriero, coinvolto in importanti iniziative militari. Ma ciò che era eccezionale in lui, descritto da molti contemporanei, era la sua prodigiosa intelligenza. Era anche noto per le sue capacità di parlare in pubblico e per la bellezza dei suoi discorsi”. Alcuni sono stati registrati e pubblicati da Lahontan, vice del governatore. “Un’intera parte degli intellettuali di quel tempo era affascinata dai racconti di Lahontan e dai suoi dialoghi con i selvaggi”.

Per me questa del pensatore urone è una scoperta. Nei western tengo per gli indiani, salvo che per gli uroni, persecutori dell’ultimo dei mohicani. Dovrò rivedermi e chiamarli wendat. Urone è offensivo: porco, puzzone. Mi piace pensare Montesquieu e Voltaire in dialogo con gli indiani d’America e a un illuminismo più aperto che prosegue il suo compito di liberazione. Non diviene conservazione, o addirittura reazione, razionalità che non sente ragioni, necessità che non ammette alternative, organizzazione che non consente libertà. La denuncia, ben motivata, è di Adorno e Horkheimer. Poter aggiungere a Voltaire e Montesquieu Kandiaronk mi conforta. François Marie Arouet detto Voltaire muore nel 1778; Charles-Louis de Secondat barone di La Brède e di Montesquieu, in una parola Montesquieu, muore nel 1755; Gaspar Soiaga, Souojas, Sastaretsi detto Kandiaronk (Topo Muschiato) muore nel 1701. Le sue riflessioni sono dunque di decenni precedenti quelle dei francesi. Partecipa probabilmente alla missione dei Wendat alla corte di Luigi XIV nel 1691. In ogni caso conosce la civiltà europea attraverso l’incontro e il confronto con ufficiali, funzionari, mercanti, missionari. Padre Pierre Charlevoix, storico gesuita, lo ritiene “l’indiano di più alto merito che i francesi abbiano mai conosciuto in Canada”. Nell’oratoria e nel dibattito è l’unico che può “competere con il conte de Frontenac”, il governatore.

Della religione cristiana evidenzia le contraddizioni. Allez, mon frère. Ne vous levez pas les bras…. Su fratello non t’arrabbiare… È naturale che i Cristiani abbiano fede nelle Sante Scritture, perché dall’infanzia ne hanno tanto sentito parlare. D’altro canto è ragionevole che quelli che non sono nati con questi pregiudizi, come i Wendat, esaminino le cose con maggiore attenzione”. Come Wendat libero da pregiudizi può vederne invece tutti i limiti. Trova inaccettabile la mancanza di solidarietà e la ricerca del proprio interesse a qualsiasi costo. “J’ai passé six ans à réfléchir sur l’état de la société européenne… Ho passato sei anni a riflettere sulla situazione della società europea e non posso pensare a un solo modo d’agire che non sia inumano e penso sinceramente che questo dipenda dalla vostra distinzione tra mio e tuo” Denaro e proprietà privata sono alla base di una società corrotta fatta di uomini abituati a farsi dominare. Pour ma part, j’ai du mal à voir comment vous pourriez être beaucoup plus malheureux… Da parte mia mi è difficile vedere come potreste essere molto più sventurati di quanto non siate già. Che genere d’essere umano, che specie di creatura devono essere gli Europei per essere forzati a fare il bene e astenersi dal male solo per timore di essere puniti”. Gli europei insomma non godono delle libertà fondamentali: la libertà di andar via (di andare in altri luoghi e in altre comunità), la libertà di non ubbidire agli ordini sgraditi e la libertà di creare nuove relazioni sociali.

Così non mi meraviglia che Voltaire abbia scelto un mezzo Urone, mezzo francese come protagonista del suo L’Ingénu, per criticare gli aspetti più oscuri e ingiusti delle leggi e credenze del tempo. A me stimola una lettura, che mette alla prova il mio elementare e arrugginito francese. Al capitolo 2, Libertà Perversa, in gran parte dedicato a Kandiaronk, corrisponde il penultimo Chiudiamo il cerchio. Sulle fondamenta storiche della critica indigena. C’è un paragrafo: Come gli osage arrivarono a incarnare il principio dell’autocostituzione, poi celebrato nello Spirito delle leggi di Montesquieu. Non si sa con sicurezza se abbia incontrato la delegazione a Parigi nel 1725. Certo scrive “La divisione delle terre è quanto principalmente ingrassa il codice civile”, e si sofferma più volte sullo spirito di fratellanza degli osage. “Tali genti godono di grande libertà; dal momento che non coltivano la terra, non sono stabili: sono nomadi e vagabondi”.

Mi piace un canto della Marini, Viva Voltaire e Montesquieu. Aggiungo Kandiaronk.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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