Complessità e convinzione. Il contributo precongressuale del Centro di Ferrara
Una dozzina di amici della nonviolenza ferraresi si è riunita il 13 febbraio scorso in una sala dell’associazione “Viale K”, che nella nostra città, su impulso di don Domenico Bedin e di tanti suoi collaboratori, opera da anni per i diritti dei migranti, contro la povertà e le diseguaglianze. Il luogo è di per sé significativo, al piano terra e aperto alle persone, raccolto e confortevole, adiacente all’Emporio Solidale dove famiglie in temporanea difficoltà economica ricevono accoglienza e ristoro in modo concreto, efficace e rispettoso della loro dignità.
L’incontro è stato convocato per parlare del Movimento Nonviolento a livello locale e nazionale, di ciò che abbiamo fatto nell’ultimo periodo e delle priorità che sentiamo vive. Quello che più ci accomunava era l’essere molto diversi: per età, professione, scelte personali, percorso di avvicinamento alla nonviolenza, esperienza di partecipazione civica e politica. Tra i partecipanti c’erano obiettori di coscienza di lungo corso, al servizio e alle spese militari, che condividono l’urgenza di confermare quella scelta declinandola in nuove modalità ancora da delineare compiutamente.
Il giro iniziale, di presentazione, è andato ben oltre la forma, ciascuno desideroso di entrare nel vivo degli argomenti a partire dalla propria storia, per farsi conoscere dagli altri e per conoscerli poi. Già per questo motivo non è stato necessario dare una direzione, se non per ricondurre – nella seconda parte dell’incontro – all’approssimarsi del Congresso del Movimento Nonviolento.
A Ferrara dopo la morte di Daniele Lugli, nostro amico e maestro, e dopo il privilegio di ricevere da lui una testimonianza affettuosa e costante della nonviolenza di Aldo Capitini, ci siamo ritrovati in giugno a ricomporre i cocci e a verificare l’impegno che eravamo disposti a prenderci con noi stessi e con gli altri. Di questi mesi occorre citare innanzitutto la scelta di continuare insieme il percorso. Ci incontriamo a ritmo all’incirca settimanale, in un gruppo di dimensioni variabili che si rifà al Movimento Nonviolento, con una parte di iscritti e altri comunque molto vicini.
A Ferrara il gruppo ha promosso, dal 2 al 7 ottobre 2023, la settimana sull’obiezione alla guerra con la realizzazione di una video intervista a Daniele Lugli sul GAN, il Gruppo di Azione Nonviolenta per l’obiezione di coscienza al servizio militare (1963-66), una mostra sulla storia dell’obiezione di coscienza in Italia e le testimonianze che ci arrivano da Ucraina, Russia e Bielorussia, numerose iniziative e tante sessioni di formazione per studenti di diverse età e per volontari in servizio civile.
Dopo questo ciclo così intenso abbiamo iniziato a mettere in campo le proposte formative rivolte alle scuole della provincia, mentre la mostra sull’obiezione di coscienza sarà a breve ospitata in un Liceo cittadino. Inoltre stiamo svolgendo un corso di formazione per insegnanti e educatori sulla gestione nonviolenta dei conflitti, in collaborazione con il Movimento di Cooperazione Educativa, e collaboriamo con il Laboratorio per la pace del Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Ferrara, promuovendo il ciclo di presentazioni “Libri per la pace” e svolgendo una ricerca centrata proprio sulla storia del GAN. Senza dimenticare di fare la nostra parte, per quanto riusciamo, nella Rete della Pace di Ferrara, un coordinamento informale che si è costruito negli anni intorno alla Cgil e che è attivo soprattutto con iniziative contro la guerra e per i diritti umani.
Di tutto questo non abbiamo parlato in riunione, ne eravamo ben consapevoli mentre cucivamo insieme più dubbi che certezze, timori speranze e desideri più che convinzioni chiare su ciò che abbiamo intorno a tutti i livelli, da quello locale – Ferrara si prepara alle elezioni amministrative, quest’anno, e alcuni dei presenti sono impegnati politicamente – a quello nazionale e globale.
Ci interessa l’obiezione a ogni violenza, quella della guerra come quella che si sviluppa nelle relazioni di prossimità, in famiglia come a scuola. Ci interessa la violenza più sgarbata come quella “mascherata” dai ruoli o dalle burocrazie.
Le trasformazioni culturali in atto, spinte da chi può farlo – politica globale e nazionale, media mainstream, industria bellica… – portano a rendere digeribile la guerra e la violenza come mezzo di risoluzione dei conflitti a ogni livello, in spregio alla Costituzione, alla ragionevolezza, a ogni prospettiva di convivenza. La sfida è dunque soprattutto culturale, nella lettura del presente (“se non capiamo cosa sta succedendo, non possiamo fare una proposta convincente”) e nell’elaborazione di proposte concrete iniziando dalla formazione per ragazzi, giovani e adulti. È un compito difficile, sia perché la realtà è un garbuglio e ci confonde, sia perché lo scenario nel quale siamo immersi comincia già a essere minaccioso, a far sentire insicuro un insegnante o un operatore culturale che voglia dire ad alta voce parole divergenti da chi inneggia alla patria, al nazionalismo, alla difesa dei confini.
Pensiamo che nonostante tutto questo sia possibile sviluppare proposte positive e percorribili, nella partecipazione dal basso e nella presenza in luoghi decisionali, ciascuno secondo le proprie capacità e inclinazioni. Sentiamo ancora il bisogno di formarci individualmente e come gruppo attraverso letture comuni, discussioni, confronti. In questo senso siamo sicuri e grati di poter contare sul Movimento Nonviolento nazionale, cui riconosciamo l’ottimo il lavoro di connessione con altre realtà italiane e internazionali e una preziosa funzione di orientamento nello studio e nell’azione. Le elezioni europee del prossimo giugno sono una tappa importante e auspichiamo che il dibattito congressuale sia di stimolo per orizzontarci verso forze determinate a costruire la pace.
Ai primi sbadigli ci siamo accorti di essere insieme da quattro ore, senza pause né intoppi, immersi in una conversazione partecipata, in un ascolto attento e senza figure dominanti ma realmente corale. Ci siamo riproposti di riprendere il discorso a breve con gli amici e le amiche che sono intervenuti e con i diversi assenti giustificati.